Norstat

Intervista a Francesco Renga – Norstat

In un contesto di forte incertezza e cambiamento, perché è fondamentale investire in ricerca di mercato?

Investire in ricerca di mercato in un contesto di forte incertezza e cambiamento non è solo utile ma è anche strategicamente vitale.

Le crisi e i cambiamenti sociali, economici o tecnologici modificano priorità, valori e abitudini dei consumatori e la ricerca consente di monitorare in tempo reale queste evoluzioni e adattare l’offerta di prodotti o servizi.

In tempi incerti, come quelli attuali, ogni investimento o scelta strategica comporta maggiori rischi e la ricerca fornisce dati oggettivi su cui basare le decisioni, riducendo l’improvvisazione e aumentando la probabilità di successo.

Inoltre la ricerca aiuta a:

  • capire cosa vogliono i clienti oggi e cosa vorranno domani;
  • intercettare trend emergenti;
  • anticipare la concorrenza;
  • innovare in modo mirato verso ciò che ha valore reale per il target;
  • testare messaggi, a capire il tono giusto e posizionarsi in modo coerente con le aspettative del pubblico.

In sintesi, la ricerca di mercato è come una bussola in mezzo alla tempesta: non elimina l’incertezza, ma permette di navigarla con consapevolezza, adattando strategie e azioni alle nuove condizioni.

Quale valore aggiunto porta oggi l’approccio umano nella lettura dei dati, rispetto alle sole analisi automatizzate?

In un’epoca dominata da algoritmi e automazione, l’approccio umano alla lettura dei dati resta insostituibile:

  • gli algoritmi vedono correlazioni, ma non sempre comprendono il contesto;
  • gli algoritmi seguono regole; l’essere umano può adattarsi, improvvisare, innovare.
  • l’automazione può ottimizzare processi, ma non sempre sa dove si vuole arrivare. L’essere umano può collegare i dati agli obiettivi aziendali, alle priorità e alla visione a lungo termine;
  • l’automazione può perpetuare bias o generare decisioni discutibili; l’intervento umano garantisce una valutazione etica, critica e responsabile dell’uso dei dati;
  • i dati non raccontano emozioni, paure, desideri; l’analista umano può integrare dati con ricerche qualitative, interviste, osservazioni, per costruire una comprensione più profonda del cliente.
  • i dati non comunicano da soli: l’essere umano sa trasformare numeri in storie, rendendo gli insight comprensibili e coinvolgenti per stakeholder e decisori.

In contesti nuovi o incerti, la creatività umana è essenziale per reinterpretare i dati e trovare soluzioni fuori dagli schemi. L’essere umano può cogliere sfumature culturali, sociali e psicologiche che danno significato ai numeri.

In conclusione, l’approccio umano non è in competizione con l’analisi automatizzata: è il suo complemento strategico. Dove l’automazione accelera e standardizza, l’essere umano dà senso, direzione e profondità.